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Giorgio Bottà, a capo della Divisione Corporate Finance di Phoenix Group, traccia un primo bilancio della Divisione a tre anni dal suo avvio.

A tre anni dal lancio, sono importanti i risultati ottenuti dalla Divisione Corporate Finance di Phoenix Group. E mentre si lavora a nuovi progetti in ambito nazionale ed internazionale, da marzo 2022 la società di consulenza finanziaria, manageriale e di servizi IT con sede centrale a Verona, inaugura i nuovi uffici nella sede di Milano, spostandosi nella centralissima e prestigiosa Piazza Affari. Uno spazio strategico, nel cuore della city milanese, come segnale tangibile di attenzione verso i nostri clienti, dopo due anni di pandemia.

Da sx: Alberto Medici, Giorgio Bottà, Giulio Fezzi, presidente Phoenix Group, Alberto Fezzi.

Al responsabile Giorgio Bottà, abbiamo chiesto un primo bilancio di questi tre anni che, nonostante il Covid, hanno visto la Divisione operativa anche nei mesi di marzo 2020, in pieno lockdown.

«Un bilancio assolutamente positivo, nonostante le criticità del momento, proprio per quell’approccio pragmatico e flessibile che contraddistingue la nostra consulenza, operativa in differenti attività: dal temporary management in ambito CFO, alla ricerca di equity partner, all’advisory per comitati di investimento. L’obiettivo è quello di porre le società-clienti in un nuovo contesto di sviluppo, cogliendo tutte le opportunità che possono concorrere a questo step evolutivo attraverso operazioni di acquisizione o M&A; ricerca di capitali e accesso ai mercati del capitale; valutazione di partnership industriali e commerciali; attività di due diligence; ottimizzazione finanziaria in generale e rating advisory. Il tutto, con uno sguardo al contesto internazionale».

Giorgio Bottà, Head of Corporate Finance and M&A

Quali, allora, gli ambiti di intervento specifici che hanno visto protagonista la Divisione Corporate Finance in questi anni?

«Con funzioni, in particolare, di advisor e temporary finanziario in ambito CFO, ci muoviamo – come sottolineato –  su più Industries. Accanto alla valutazione di iniziative di business, di scouting, valutazione e analisi di investimenti per società Corporate in ambito assicurativo e finanziario, abbiamo concluso, in questi tre anni, importanti operazioni nel settore strategico della cybersecurity; abbiamo messo a terra incursioni nel mondo tecnologico dell’Insurtech e dell’IoT, soprattutto in relazione al nuovo approccio del mercato insurance; abbiamo seguito startup in ambito Luxury ed operazioni legate alla Sport Industry, lavorando insieme alla Divisione Phoenix  Sport Business Management. Sempre puntando alla valutazione di nuovi investimenti aziendali e alla costituzione di nuove iniziative successive all’operazione».

 Parliamo di quelle nuove “Iniziative di sviluppo” che sono il brand “Phoenix Capital” e che ne determinano l’approccio verso le società, anche in questo caso.

«Sì, lo sguardo lungo dello sviluppo lo abbiamo nel nome. Ciò che caratterizza il nostro intervento è l’essere quell’“impulso di rottura”, quella straordinarietà – appunto – “qui ed ora” che, rispondendo ai bisogni dell’imprenditore, porta alla crescita/evoluzione dell’azienda e le fa fare il salto di qualità. Trovare investitori, ristrutturare l’azienda, rimodulare la governance, individuare uno sponsor al cambiamento.  Ma non solo. Il nostro supporto è anche un accompagnamento nel post-operazione straordinaria: Phoenix ci mette nella condizione di poter supportare le PMI con una serie di servizi che aiutano a mettere a terra il progetto fin dal suo inizio. È una consulenza a “catena”, day by day, che attinge ad un bacino privilegiato di competenze, ovvero alle relazioni che PHX coltiva nel suo modello “a rete” tra i suoi partner e che genera una consulenza assolutamente sostenibile per i nostri clienti».

Un modello “a rete” sostenibile e competitivo per le aziende. Perché?

«Perché questo modello “aperto” e non mono-prodotto ma al contempo specializzato, permette a Phoenix di essere il front-end di una consulenza e di una proposta variegata di servizi, su più fronti, ma altrettanto profonda. Veicoliamo sui nostri clienti una proposta “unica”, assolutamente competitiva. Procediamo integrando il più possibile le specialità dei nostri partner, riconoscendo loro ampio spazio di discrezionalità. Diamo così accesso ai clienti ad un patrimonio consolidato e plurale di competenze e di relazioni e rendiamo le nostre aziende clienti aggiornate, in linea con gli standard richiesti dall’ecosistema dei propri stakeholder sempre più orientati a temi ESG.  Seguiamo i clienti a partire dal primo step amministrativo, fino alla definizione della strategia, e, ripercorrendo il nostro claim MAKE | THINGS | HAPPEN  ci facciamo “cinghia di trasmissione” nella messa a terra delle soluzioni proposte ».

In alcune operazioni seguite in questi anni, Phoenix è entrata come socio nel capitale sociale di alcuni partner. Una visione imprenditoriale che “supera” la consulenza.

«Sì, ciò che ci caratterizza è proprio questa visione imprenditoriale. Dopo aver implementato la strategia intrapresa di comune accordo con l’imprenditore, lavoriamo su più livelli. Il primo, facilitare l’ingresso di capitale di alcuni operatori specializzati; quindi, trovare partner che possano portare novità utili a scardinare alcune eredità aziendali che impediscono il salto di qualità; infine, valutiamo anche il nostro ingresso, come Phoenix, nel capitale delle iniziative che seguiamo (equity for fee). E questo è un fattore che “spiazza” il cliente. Il consulente “si mette in gioco accanto al cliente”, crede talmente tanto nel progetto da metterci del suo. Guardiamo oltre l’operazione straordinaria, immaginando sviluppi e prospettive a medio-lungo termine. Qui sta la differenza: la consapevolezza che la crescita viene fatta anche con mosse che nel breve periodo possono non sembrare le più digeribili dal punto di vista della governance, ad esempio. Occorre lavorare per aggregare attorno all’azienda i soggetti-soci che credono nel progetto e alla sua crescita».

Il 2022 sarà l’anno della verità per molte PMI provate dalla pandemia: crisi di liquidità, innalzamento dei costi di produzione e delle materie prime, scarsità di profili. E oggi, i venti di guerra.  Dal suo osservatorio, quale la lettura su questo momento complicato per il tessuto imprenditoriale italiano?

«Per attenuare le crisi, dopo quella pandemica stiamo affrontando quella geopolitica, la svolta sarà nell’aggregazione di realtà medio piccole che, per offrire a loro volta un prodotto competitivo, capiranno il bisogno di mettersi insieme. Serve una nuova mentalità: non possiamo più pensare in termini “da soli si va meglio, piccolo è bello”. Occorre aggregare realtà sinergiche, ancorché difformi, in virtù di una dimensione minima, critica, di sostenibilità economico-finanziaria verso banche, investitori e stakeholder che ruotano attorno all’azienda. Noi, in tutto questo, vogliamo essere l’enzima che porta a questa svolta e che guarda oltre la giusta, ma a volte anacronistica, ambizione del possesso e della proprietà. Per il bene dell’azienda offriamo competenze diverse, che andiamo a mediate e negoziare per rendere l’azienda nuovamente competitiva sul mercato, cogliendo tutte le opportunità che solo quella strada può portare».

In questa visione indica due elementi sostantanziali: il fattore tempo e la gestione della governance che sottende ad ogni buon approccio di consulenza. A dire che i numeri non sono tutto.

«Esattamente. Partiamo da un concetto imprescindibile: in ambito imprenditoriale, l’unica equazione complessiva che vale è quella del successo nel lungo periodo. E ciò non significa che non siano comprese fasi di caduta e ripresa. Ma l’obiettivo è il buon successo dell’azienda e, in questo, il tempo è una variabile importante: svolte fatte in un determinato momento hanno una valenza fondamentale. Saper costruire una governance che possa contemplare e leggere il patrimonio del passato, valorizzarlo e prevedere, insieme all’imprenditore ciò che sarà nei prossimi cinque anni. Anche la componente emozionale gioca un ruolo essenziale in ogni processo di cambiamento, perché, è verissimo, non è solo una questione di numeri: lavorare su figure di partner possibili, significa convincere l’imprenditore che chi ti compartecipa vuole darti una mano perchè da domani sarete in due a prendervi il peso di alcune decisioni. E dobbiamo ricordarci che l’imprenditore ha sempre aspettative ed ambizioni che trascendono dai risultati economico finanziari. Dobbiamo fare in modo che l’originario imprinting aziendale venga sempre riconosciuto anche nell’aprire l’azienda ad altre realtà. Nella mia esperienza ho incrociato imprenditori che non avevano mai sperimentato questo “essere aiutati”».

A marzo 2021, Phoenix Group ha aperto una sede in Lussemburgo.  Importante passaggio per l’internazionalizzazione di Phoenix e dove l’apporto della Divisione Corporate Finance è essenziale. Quali i progetti per il futuro?

«Proprio in quella visione di cui dicevamo, Phoenix Capital è entrata nel capitale della lussemburghese Projet Grund SA per ampliare la propria rete di competenze, relazioni e sinergie a servizio della propria clientela, valorizzando le potenzialità offerte dall’ecosistema finanziario e professionale del Granducato. Ciò ha significato ampliare ed industrializzare le relazioni con il vasto panorama degli investitori istituzionali e privati – fondi, finanziarie, family office e holding di investimento – presenti, potenzialmente interessati ad investimenti in aziende italiane. Proseguendo in questa direzione, oggi, in particolare, l’obiettivo è quello di costituire anche un fondo di investimenti in cui veicolare alcuni interessi molto particolari per la crescita di comparti ben identificati. Per fare questo, abbiamo intrapreso questa iniziativa in Lusserburgo per riuscire ad ampliare l’accesso ai capitali. Recitiamo un ruolo attivo anche dal punto di vista di apportatori di capitali. Curiamo investimenti, gestiamo il portafoglio clienti su investimenti ad alto potenziale e ci stiamo aprendo al tema attualissimo degli investimenti ESG, in attività green, etiche e socialmente utili in linea con gli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’ONU nell’Agenda 2030».

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